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Un time out per ricordare Benito Zollia

L’8 dicembre 2023 ci ha lasciato Benito Zollia (1936 – 2023), consegnandoci una preziosa eredità d’imprenditore e, prima ancora, di uomo.

Ho avuto l’opportunità di lavorare con lui dal 2003 al 2018: dal primo dei venti calendari realizzati da Primalinea per Brovedani e allora dedicato al genio di Archimede, all’autobiografia che abbiamo curato per lui e la cui pubblicazione agli inizi del 2019 ha seguito di poco il suo congedo dalla presidenza di Brovedani Group, il 29 ottobre 2018.

Benito, per il suo libro, tra i tanti proposti aveva scelto senza esitazione un titolo illuminante: Time out. Riflessioni di un imprenditore che ha creduto nel gioco di squadra. Il titolo è un omaggio alla sua passione per la pallacanestro, di cui era diventato campione fino alla convocazione in Nazionale. E, più ampiamente, alla sua “fiducia” nel “gioco di squadra”, che in lui non è mai venuta meno ed è stata esercitata con il carisma e l’energia del leader visionario nei momenti decisivi e insieme con la razionalità del sobrio padre di famiglia, che sa temperare i suoi slanci con prudenza e ponderazione. Un tratto del suo carattere che mi ha sempre colpito, ed è la quintessenza del titolo, era la sua propensione riflessiva, l’attitudine a concedersi pause solitarie di concentrazione per mettere a fuoco le sfaccettature di ogni lavoro intrapreso, e poi discuterne con gli altri con cognizione di causa e trasparenza. Benito amava il “rischio calcolato”, come amava il confronto franco, sapendo che la risoluzione dei problemi lo richiede. “Riflettiamoci e poi parliamone insieme, senza nascondere la testa nella sabbia come fanno gli struzzi. Analizziamo insieme le cause di una crisi, di una battuta d’arresto. Senza addossarci reciprocamente le colpe.” Questo era il suo modo di affrontare la realtà: con la razionalità e la sensibilità di un coach, poi sempre capace di fare sintesi e di prendere decisioni.

Ma fermiamoci qui. Perché Benito non amava gli elogi. Ripeteva sempre: “L’elogio commemora, la critica costruisce.” Il suo pragmatismo “sportivo” non tendeva a esaltare o assolutizzare alcunché, richiamava invece il dovere della sopravvivenza. Il suo entusiasmo e la sua vitalità, tuttavia, non si stancavano mai di dare valore alla creatività e all’impegno che ognuno di noi dovrebbe profondere nello stare al mondo. Non è un caso che così si chiuda la sua autobiografia: “quanto alla mia visione, non so cosa ci attende al varco. So soltanto che per sopravvivere sarà, come sempre, indispensabile crescere e da soli sarà impossibile farlo. Sarà necessario progredire come Gruppo nella direzione ineludibile e mondiale della Qualità: tecnica, organizzativa, relazionale. Questa consapevolezza è la parte più importante della mia eredità 4.0. Lungi dal cullare illusioni di eternità industriale, citando Borges penso che dobbiamo essere realisticamente consapevoli di costruire sulla sabbia, ma dobbiamo farlo ‘come se la sabbia fosse pietra’. Con nuove risorse e crescente precisione.”

Romeo Pignat